In questo componimento poetico, Pascoli vuole esprimere l’incombere dei ricordi e della morte, che impedisce al poeta di godere pienamente la magia di una notte di luna perché è avvolto dal mistero e dall’angoscia della morte.
La voce dell'assiuolo, il suo chiù, inzialmente sembra di passaggio, ma di strofa in strofa diventa più angoscioso, fino ad arrivare a un pianto di morte che gli fa emergere ricordi tristi e tormentati.
Il verso dell'uccello notturno sembra quasi la voce del suo cuore angosciato.
Dov’era la luna? ché il cielo
notava in un’alba di perla,
ed ergersi il mandorlo e il melo
parevano a meglio vederla.
Venivano soffi di lampi
da un nero di nubi laggiù;
veniva una voce dai campi:
chiù...
Le stelle lucevano rare
tra mezzo alla nebbia di latte:
sentivo il cullare del mare,
sentivo un fru fru tra le fratte;
sentivo nel cuore un sussulto,
com’eco d’un grido che fu.
Sonava lontano il singulto:
chiù...
Su tutte le lucide vette
tremava un sospiro di vento:
squassavano le cavallette
finissimi sistri d’argento
(tintinni a invisibili porte
che forse non s’aprono più?...);
e c’era quel pianto di morte...
chiù...
Giovanni Pascoli
Giovanni Pascoli un grande poeta dalla profonda sensibilità e profondissima cultura! Mi mette sempre una grande tristezza e sconforto pensare che dentro a tanto genio, l'uomo sarebbe divenuto dedito all'alcool, tanto da morire di cirrosi etilica!
RispondiEliminaMa la sua opera resta, aere perennius!
E sempre, come in questa poesia, con una tristezza di fondo, abbarbicata e senza non la luce, ma neppure l'ombra, della speranza!
A tanto l'assenza di speranza lo condusse?
Chi può scrutare nell'abisso infinito dell'anima umana, chi è tanto idiota da supporre di poter giudicare?
La compassione, il patire con, è l'unica misura in cui l'uomo può esprimersi.
Bravo!
RispondiEliminaE' il patire con la chiave di lettura giusta.
Forse è proprio l'assenza di quel dono che spesso induce l'animo sofferente ad avere sempre più ombra che luce.